"Amélie e la metafisica dei tubi", un progetto minato
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La sfida di portare sullo schermo Métaphysique des tubes, racconto autobiografico dei primi tre anni di vita di Amélie Nothomb , è una corsa contro il tempo. Si tratta infatti di trasporre un testo meno narrativo che intessuto di ricordi, sensazioni e riflessioni, postulando la chiaroveggenza HPI di una bambina dapprima inerte, metà pianta e metà apparato digerente, che poi si risveglia alla coscienza, una bambina che si crede Dio con un'eloquenza più che precoce, per poi essere affascinata dalla morte al punto da tentare il suicidio all'età di 3 anni. L'oscurità e l'umorismo di Nothomb sono qui ampiamente diluiti o trasfigurati in un trattamento che intende, oltre alle difficoltà già menzionate, rendere il film accessibile a un pubblico di bambini.
Le due registe, Mailys Vallade e Liane-Cho Han, che si conoscono dai tempi della scuola Gobelins, hanno affinato il loro stile visivo con Rémi Chayé nei suoi film (
Libération